Dopo il via libera del CNF (parere espresso nella seduta dello scorso 25 giugno) anche il Consiglio di Stato, nell’adunanza dello scorso 27 agosto, ha espresso parere favorevole alla bozza di decreto ministeriale concernente il “Regolamento recante disposizioni per l’accertamento dell’esercizio della professione, a norma dell’art. 21, comma 1, della legge 31 dicembre 2012 n. 247“.

Secondo lo schema proposto dal Ministero della Giustizia l’avvocato che voglia continuare a rimanere iscritto nell’albo professionale dovrà dimostrare, fatta salva la sussistenza di giustificati motivi in contrario, il possesso congiunto di tutta una serie di requisiti, tra i quali: a) essere titolare di una partita IVA attiva; b) avere in uso locali ed almeno un’utenza telefonica per lo svolgimento dell’attività professionale; c) aver trattato almeno cinque affari per ciascun anno; d) essere titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata; e) aver assolto all’obbligo di aggiornamento professionale; e) aver stipulato una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio dell’attività professionale; f) essere in regola con il pagamento dei contributi dovuti al Consiglio dell’Ordine ed alla Cassa Forense.

Sarà poi compito di ciascun Consiglio dell’Ordine territoriale accertare, con cadenza triennale, il possesso congiunto di tali requisiti ed in caso di esito negativo della verifica, dopo aver concesso un termine all’interessato per l’eventuale presentazione di osservazioni in merito, il COA dovrà deliberare la cancellazione dell’avvocato dall’albo. La normativa regolamentare prevede, poi, due diversi limiti temporali per la reiscrizione dell’avvocato in relazione ai requisiti mancanti che hanno dato luogo alla cancellazione. Sul punto, sia il CNF che il Consiglio di Stato hanno espresso più che legittime perplessità.

Quanto alle ulteriori osservazioni formulate dagli organi interpellati, il CNF ha proposto l’eliminazione, fra i requisiti necessari all’accertamento della continuità professionale, del riferimento alla regolarità nel versamento delle quote contributive al Consiglio dell’Ordine ed alla Cassa Forense essendo, in ogni caso, tali situazioni già sanzionate in via autonoma dalla Legge Professionale. Condivisibile appare, inoltre, la proposta di inserire fra i requisiti di cui all’art. 2 dello schema di decreto il riferimento alla circostanza in cui l’avvocato eserciti la professione utilizzando i locali di un altro collega.

Infine, per quanto attiene al numero di “affari” – sia di natura giudiziale che stragiudiziale – che l’avvocato dovrà aver trattato nel corso dell’anno, si segnala l’osservazione formulata dal Consiglio di Stato secondo il quale sarebbe opportuno prevedere “che l’interessato possa documentare, in luogo del numero fissato, la trattazione di un numero inferiore di affari connotati da particolare rilevanza e impegno professionali, che possa giustificare la permanenza dell’iscrizione nell’albo, valorizzando in tal modo il dato sostanziale rispetto a quello meramente numerico“.

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